Come gestire i capricci dei bambini
capricci psicologa Fidenza

Come gestire i “capricci”? Quali cose fare e quali NON fare?

Ogni genitore sa che c’è un periodo ben definito, noto come i “terrible twos” (i terribili due anni!), in cui i bambini sembrano opporsi e contrastare ogni decisione dell’adulto, hanno difficoltà ad accettare i rifiuti e lo manifestano spesso con comportamenti eclatanti, quali urla, pianti, gesti violenti.

Per gli adulti, gestire un bambino in questa fase, soprattutto in contesti pubblici e sociali dove il giudizio altrui è dietro l’angolo, è un compito assai arduo e si rischia di mettere in atto condotte controproducenti nel lungo termine.

Innanzitutto, occorre rispondere a qualche domanda-chiave: cosa sono i capricci? perché si manifestano, a volte in modo così improvviso?

Cosa si intende per “capriccio”?

Con il termine capricci si intendono tutti quei comportamenti di rifiuto, opposizione, contrasto, che il bambino mette in atto con modalità socialmente poco accettabili: pianti, urla, pizzicotti, calci, schiaffi, pugni,… Ma perché si manifestano in questo modo quando lo stesso bambino fino a poco tempo prima era in grado di tollerare un rifiuto da parte dell’adulto, usare le parole per dire No e non aveva mai usato la violenza?

Tutto ciò, in realtà, è un segnale (positivo!) che vostro figlio sta crescendo: entra in contatto con emozioni difficili per lui da gestire, come la rabbia e la frustrazione; sta prendendo consapevolezza di sè come individuo dotato di pensieri, idee, volontà e bisogni, ma per lui non sono chiari da definire e non ha ancora sviluppato gli strumenti per poterli gestire;  è alle prese con lo sviluppo delle sue autonomie, che implica anche il cominciare a prendere le distanze dall’adulto e mettere alla prova i limiti e le regole imposte.

Ricordate quindi che in tutto questo suo lavoro di crescita, il bambino sta sperimentando e mettendo alla prova soprattutto sè stesso, non prendetela sul piano personale: non vi sta facendo dei dispetti, non ce l’ha con voi e non ve la sta facendo pagare per qualche mancanza!

I consigli per sopravvivere ai capricci

Ecco quindi qualche consiglio da seguire per sopravvivere  nel modo più sereno e costruttivo possibile alla fase dei capricci.

Osservazione

Tutto parte da qui. Osservare il bambino porta ad una profonda conoscenza di questo piccolo essere umano. Cosa gli piace e cosa no, quali situazioni lo agitano, quali lo tranquillizzano, come reagisce ai cambiamenti, etc.

Capire la funzione dei capricci

Conoscendo ora ciò che sta alla base di questi comportamenti, chiedetevi sempre che cosa il bambino sta esprimendo attraverso di essi. Comprendere la funzione dei capricci è di primaria importanza per poter agire in modo efficace. Ecco le domande da porvi: perché lo sta facendo? cosa sta esprimendo in questo modo e non riesce a comunicare con altre modalità? Nella maggior parte dei casi le risposte riguardano bisogni ed emozioni. Pensate a quanto sia difficile per un bambino di due anni riuscire ad identificare (figurarsi dargli un nome!) emozioni complesse quali la rabbia, la frustrazione, la noia, la delusione,.. Oppure i bisogni fondamentali: un bambino non ha ancora gli strumenti (che si costruirà con l’esperienza e con l’aiuto dell’adulto) per poter dire, ad esempio, sono stanco e ho bisogno di rilassarmi, ma sperimenterà un generico senso di disagio e per uscirne ricorrerà agli unici strumenti di cui al momento dispone: i capricci.

Fornire gli strumenti

Ciò che possiamo fare fin da subito, a qualsiasi età, è lavorare sul dare un nome alle emozioni. Un modo, è quello di nominare al bambino le emozioni nel momento stesso in cui le sta sperimentando in prima persona. La funzione dell’adulto, in questo caso, è quella di fornire al piccolo uno specchio emotivo. Per esempio, quando il bambino sbadiglia, dirgli “Sei stanco“, quando ride a crepa pelle “Ma come sei felice!“. Partire dalle emozioni più basilari e comprensibili ne favorirà l’apprendimento e getterà le basi per quelli futuri. L’adulto può anche fungere da modello, nominando al bambino le emozioni che visibilmente sta vivendo: quando un genitore ride può dirgli “sono felice“. Infine, si può accompagnare il piccolo nella decodifica delle emozioni altrui: può capitare che vedendo un altro bambino urlare e scalciare al parco, vostro figlio si fermi curioso ad osservare i capricci degli altri; è questo il momento per dirgli “quel bambino è arrabbiato“. Più il fanciullo cresce e acquisisce abilità di comprensione del linguaggio verbale, più possiamo arricchire le nostre frasi di aggettivi e spiegazioni, per esempio “stai piangendo e sei triste perché il tuo amico va a casa e tu vorresti giocare ancora con lui“. Attenzione, però: dare tutte queste informazioni quando il bambino è in preda all’emozione o è ancora troppo piccolo per capire, non farà altro che confonderlo ancora di più. Con il tempo, attraverso questo tipo di lavoro, il bambino sarà in grado di riconoscere, descrivere e dare un nome alle proprie ed altrui emozioni e potrà sviluppare negli anni un’ottima intelligenza emotiva.

Fornire alternative accettabili ai capricci

Una volta individuata la funzione del capriccio cercare di proporre alternative comportamentali adeguate al contesto e che soddisfino lo stesso bisogno. Per esempio, se capiamo che il bambino sta per fare i capricci perché si sta annoiando (funzione del capriccio = combattere la noia), rimandiamogli il suo stato emotivo e subito dopo forniamogli qualcosa di alternativo da fare, magari un’attività divertente da svolgere insieme. Sgridare il bambino e/o riempirlo di No! non lo aiuta a capire quale sia il comportamento accettabile e non gli fornisce gli strumenti per gestire al meglio i suoi stati interni. Importantissimo è NON proporre qualcosa di bello nel momento in cui il capriccio è già in atto, altrimenti l’insegnamento che passa è che facendo i capricci arriva qualcosa di gratificante (vedi sotto PREVENIRE E PREMIARE).

Dargli e darsi tempo

Al bambino serve tempo per calmarsi, comprendere e accettare che fare i capricci non porta a nulla di gratificante. E’ molto importante che anche l’adulto si conceda del tempo per stargli accanto in questi momenti ignorando il capriccio e spiegandogli la situazione con calma, in modo semplice e comprensibile. Questa parte è molto difficile da mettere in pratica nei contesti sociali dove siamo sotto gli sguardi (e il giudizio) degli altri. Il rischio è quello di accontentare il bambino o comunque arrivare a premiarlo durante il capriccio (con lo scopo di farlo cessare), solo per avere un’uscita rapida da una situazione per noi spiacevole. Questo porta alla calma nel breve periodo ma a gravi danni nel lungo termine: così facendo gli stiamo insegnando che fare i capricci è la modalità giusta per ottenere ciò che vuole, quindi aspettiamoci che la usi sempre più spesso!

Calma, coerenza e costanza

Dovrebbero essere le modalità di gestione dei capricci da parte dell’adulto. Parlare al piccolo con calma e fermezza gli consentirà, nel tempo, di fare altrettanto (ricordate la funzione dell’adulto come modello?). Essere coerenti e costanti nelle modalità educative, favorirà la comprensione delle regole: se OGNI VOLTA che il bambino fa i capricci per spegnere la tv, l’adulto comunque procede con tranquillità e autorevolezza nel far rispettare la regola, il piccolo imparerà che i capricci non sono la modalità corretta per ottenere quello che vuole. Se, al contrario, l’adulto per motivi vari (stanchezza, mancanza di tempo,…) OGNI TANTO asseconda il capriccio del bambino, il piccolo imparerà che questa modalità comunicativa  funziona e la metterà in atto con più frequenza.

Prevenire e premiare

Prevenire i capricci significa fondamentalmente favorire la messa in atto di comportamenti accettabili e adeguati al contesto. Si potrebbe definire un giocare d’anticipo. Premiare il bambino quando si comporta in modo adeguato, gli insegna quali sono i comportamenti adeguati ed è per lui molto gratificante. Soprattutto in quelle situazioni in cui sappiamo che il rischio di capriccio è elevato, puntiamo sulla prevenzione e non esitiamo a premiare il piccolo al primo comportamento “corretto” per ricordargli come deve comportarsi in quella situazione. Un esempio tipico è la spesa al supermercato: molti bambini hanno tempi limitati di sopportazione e dopo un po’ si annoiano, fino ad arrivare alla messa in atto di veri e propri capricci di protesta. In questi casi, il genitore spesso interviene quando ormai la situazione è degenerata. Sarebbe molto più facile se, dopo pochi minuti dentro al supermercato, l’adulto dicesse al bambino “ti stai comportando molto bene, se continui ad essere paziente, dopo la spesa andiamo al parco a giocare“. Perché tutto questo funzioni, ricordiamoci di fare richieste adeguate al bambino (se il suo tempo medio di sopportazione del supermercato è di 20 minuti, non pretendiamo che ne passi 40 stando tranquillo, ma accontentiamoci di 15-20) e premiamolo in modo costruttivo: premiare non significa comprargli un gioco, ma proporre al bambino qualcosa per lui gratificante, come potrebbero essere un gelato, una lettura, un gioco svolto insieme, una carezza, un complimento…o nel dubbio chiediamoglielo. Facciamo sempre in modo che il bambino sia nelle condizioni ottimali per comportarsi secondo le nostre richieste. 

Cosa non fare

Le cose da non fare sono essenzialmente quelle che si rivelano essere controproducenti nel lungo termine, come punire, urlare, arrabbiarsi, usare la violenza, ricattare, vendicarsi, tenere il broncio,… Alcune di queste strategie potrebbero portare relativi benefici a brevissimo termine, ma ricordiamoci che così facendo non stiamo insegnando al bambino come comportarsi, quindi ci ritroveremmo presto al punto di partenza.

Prima o poi ogni genitore/insegnante/educatore, nonostante tutto l’impegno del mondo, finisce con il commettere qualche sbaglio educativo. E’ normale, siamo esseri umani. Cogliamo quindi l’occasione, anche in questo caso, per fornire un buon modello al bambino: mostriamoci consapevoli di ciò che abbiamo fatto, chiediamo scusa all’occorrenza, prendiamoci la responsabilità delle nostre azioni e poniamo rimedio per quel che è possibile. Come si dice, sbagliando si impara.

Ogni bambino, ogni famiglia e ogni situazione, sono un caso a sè stante che potrebbe richiedere un intervento specifico e mirato. Se hai bisogno di una consulenza, non esitare a contattarmi per un appuntamento, sono disponibile anche online.

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